venerdì 21 maggio 2010

Comincia il viaggio: l'autogoverno che vorrei



Credo che sia importante, quando si chiede il sostegno ed il consenso di un corpo elettorale, rivelare le ragioni della scelta e le linee programmatiche cui ci si atterrà in caso di elezione.
Si, in caso di vittoria, perché la mia non è né una candidatura di bandiera, come a volte ipocritamente si afferma, né una candidatura "per spirito di servizio", visto che non è compiuta sotto l'egida di alcun gruppo, per le ragioni che illustrerò.

Le ragioni della scelta

Vi sono delle ragioni di fondo e delle ragioni immediate.
Quante a queste ultime, la presentazione delle candidature dei colleghi Carlo Fucci, e Paolo Corder ha indotto i vertici di una corrente (UPC) a definire quelle non sostenute dal gruppo come candidature anti statutarie, altri (Area) a ritenere che "il candidato indipendente, privo di vincoli di principio( o forse da intendersi di mandato? : ndr), non obbligato alla coerenza, al rispetto di una linea di condotta, è particolarmente esposto alla logica della tutela dell'amico".
Al contrario penso che le candidature indipendenti e per quel che mi riguarda, la mia, siano il frutto della naturale evoluzione di un percorso associativo ed ideologico di chi avverte l'appartenenza a valori ed idealità diffuse, comuni non tanto agli apparati burocratici, verticistici e centralisti delle correnti, che in tutto assomigliano sempre più agli attuali partiti politici, quanto alle aree culturali che esse hanno in passato rappresentato e che ora invece stentano a esprimere, non riuscendo ad aprirsi al confronto, al dialogo ed alla partecipazione di tutti alla vita associativa.
Eppure è da questo intenso confronto che è nata, a mio avviso, l'idea di un nuovo modello di autogoverno che rappresenti davvero il luogo dove siano garantite l'indipendenza e l'autonomia della Magistratura.
La stessa esigenza di autoriforma più che esser nata all'interno degli organismi direttivi dell'ANM, che neppure sono stati in grado di realizzare la selezione dei candidati attraverso le cd. "primarie", è nata tra i colleghi che hanno constatato, spesso sulla loro pelle, la delicatezza del nuovo ruolo del CSM, così delineatosi dopo la riforma cd. Mastella, che ha visto trasformare le scelte di tipo tecnico-amministrativo in scelte discrezionali prive di parametri di riferimento, quelle si non obbligate alla coerenza né al rispetto di una linea di condotta.
Le reazioni di coloro che difendono l'esistente mi danno la conferma della giustezza delle ragioni della mia scelta, poiché è evidente che le candidature "indipendenti" segnano per questi ultimi una incrinatura dell'attuale sistema che vede l'organo di autogoverno in balia delle correnti.
Resta ferma che chi si candida, anche senza il sostegno del suo gruppo, deve rispondere ai principi ideali che lo ispirano ed al programma politico che presenta.
Per inciso a chi scrive che i candidati indipendenti potrebbero agire secondo insondabili criteri di giudizio non raffrontabili con canoni, principi, valori generali, visione del ruolo, concezione dell'universo giudiziario, è facile replicare che ciò è quel che invece hanno troppo spesso fatto i componenti del CSM designati dalle correnti.
Questo basta a legittimare le candidature di chi - come me - sente la necessità di salvaguardare l'indipendenza della Magistratura non solo dall'esterno, quanto da quelle forze, da quelle coalizioni di poteri interni alla stessa Magistratura.
Questo quanto alle ragioni contingenti.
Vi sono anche però delle ragioni profonde e radicate che mi hanno indotto a candidarmi.
La mia candidatura vuole essere la risposta ad un sistema di potere bloccato ed antidemocratico, che sta lentamente privando la magistratura intera di quella spinta ideale che ci ha guidato negli anni passati, a favore di logiche di schieramento, di appartenenza e di burocratizzazione della professione. La mia candidatura vuole, cioè, offrire un'alternativa a coloro che si propongono di porre le basi per un rinascimento culturale dell'essere magistrati oggi, iniziando dal luogo ove le scelte - pesanti e serie per la vita di ciascuno di noi - vengono compiute: il CSM.

Questo vi propongo

I magistrati italiani eleggono i loro "governanti" sulla base di una legge che non consente loro alcuna scelta.
Se non vi fossero, questa volta, candidature indipendenti, potremmo dichiarare la partita della democrazia persa a tavolino.
Le elezioni sarebbero solo un gioco di specchi, il male necessario che resta in piedi sol perché la Costituzione lo impone. Gli elettori, sarebbero inconsapevoli notai che ratificano scelte alle quali restano tendenzialmente estranei.
Ogni corrente, infatti, designa solo il numero di candidati che, in base ai risultati delle precedenti elezioni ed al trend elettorale presunto, ritiene di poter fare eleggere.
Questa volta, nel collegio giudicante, i gruppi di MD e MOV presentano un numero di candidati pari agli eletti nell'attuale consiglio (4 in totale), nonostante nell'ultima elezione avessero perso un rappresentante rispetto a quelle del 2002 (consolidano, dunque, pur di non rischiare la sconfitta).
Unicost, analogamente, presenta un numero di candidati pari agli attuali consiglieri (quattro).
Non fosse che M.I. tenta la sorte presentando "ben" 1 esponente in più (3 anziché gli attuali 2 consiglieri), le correnti avrebbero presentato un numero di candidati pari agli eleggibili: 10.
Nel qual caso, come detto, sarebbero stati sufficienti i voti "a ratifica" dei singoli candidati.
Si potrebbe obiettare che i candidati sono stati scelti dalle rispettive correnti, talvolta anche con lo strumento delle primarie.
Vero. Ma come hanno inciso sulla scelta coloro che non fanno parte delle correnti? Risposta: in alcun modo.
Ed anche coloro che ne fanno parte, hanno davvero inciso?
Non temo smentite se rispondo negativamente.
Ben posso capire il senso di frustrazione di quei colleghi di Area che hanno votato alle primarie un candidato "superato" in sede di designazione da altro meno votato per la mera ventura di appartenere all'una o all'altra componente dell'Area stessa.
Lunga sarebbe l'analisi (che farò in altra sede) ma lapidaria la conclusione: si tratta di scelte verticistiche, determinate da pochissime persone.
Avvilente, se si pensa che su un corpo elettorale di circa 8500 magistrati quelli iscritti alle correnti sono una percentuale piuttosto esigua.
Abbiamo un sistema elettorale che, al pari delle legge elettorale per il Parlamento, produce il risultato, grazie alle modalità in cui la legge elettorale è stata applicata dalle correnti, di un (auto)governo composto da nominati e non da eletti, i quali, conseguentemente, rispondono non già agli elettori ma esclusivamente ai capi corrente, saldando un patto nefasto che determina lo svuotamento delle idealità (se manca il confronto elettorale, manca anche una base ideale da proporre agli elettori e sulla quale impegnarsi) e la preponderanza di logiche di schieramento (gli eletti finiscono per rispondere direttamente ed esclusivamente alle correnti, mancando la pur minima forma di competizione elettorale).
Anche qui mi si potrebbe obiettare che questo è il sistema che la politica ha pensato per la magistratura e non ha mutato, anche se forti erano i boatos in tal senso(boatos, peraltro, ripresi anche oggi).
Vero. Altrettanto lo è, però, la circostanza che appena la politica ha prospettato serie ipotesi di riforma del sistema elettorale del CSM, prorogando per breve tempo quello in carica, immediata è stata la levata di scudi dei vertici di vari gruppi.
Quale miglior riprova che questo sistema va bene agli apparati correntizi? E che magari questi stessi hanno esercitato - con successo - tutte le pressioni possibili per non mutare l'immutabile?
Un sistema elettorale nel quale esser designati da un gruppo, per il perverso sistema suddetto, equivale sostanzialmente ad essere eletti, rende asfittica la democrazia interna a ciascun gruppo.
Faccio parte di Unicost, nei cui valori ideali in ordine al modello di magistrato e nei cui metodi storici volti a garantire il pluralismo interno mi riconosco.
E rivendico la mia storia, perché l'esperienza di questi ultimi anni ci ha insegnato che proprio il pluralismo interno che fino a poco tempo fa ci ha caratterizzato ha consentito la crescita di un modello di magistrato che ha come stella polare l'indipendenza interna ed esterna, la tutela dei principi costituzionali e la libertà da ogni forma di schematismo e condizionamento.
Non ho, però, inteso richiedere il sostegno del gruppo alla mia candidatura.
La motivazione? Sarebbe stato del tutto inutile, non già perché i colleghi che la corrente appoggia esprimono idee più condivise delle mie, ma solo perché i pur ottimi candidati tali sono da anni, per indicazione dei vertici ai quali molti colleghi di base non si oppongono, ritenendo inconcepibile la sola idea di poterlo fare, salvo poche coraggiose eccezioni, tra le quali quelle di chi, come me, ha deciso di sottoporsi al giudizio degli elettori.
In conclusione, la stragrande maggioranza dei magistrati che non si riconosce in una corrente, non ha alcuna reale possibilità di scegliere i propri governanti; coloro che militano in una corrente, non hanno alcuna concreta possibilità di incidere sulle scelte dei vertici; i nominati, una volta divenuti consiglieri, non potranno che rispondere ai capi delle rispettive correnti. Da qualunque lato si guardi la questione, emerge un solo dato: uno spaventoso deficit di democrazia e di indipendenza interne, considerati gli amplissimi poteri che il CSM ha di determinare la vita professionale di ciascun magistrato.
Basti pensare al conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi, in cui amplissima, e sconfinante nell'arbitrio, è la discrezionalità, o, ancora, al sistema disciplinare ormai utilizzato per colpire anche solo l'espressione di una critica su una lista di magistrati.
In sostanza, con la mia candidatura intendo ampliare e rendere effettiva la possibilità di scelta dei colleghi, fermo restando che intendo utilizzare il consenso che raccoglierò per richiedere, con il sostegno di tutti, la modifica della legge elettorale oggi vigente od, in alternativa (essendo buona abitudine non promettere cose che dipendono da altri), per realizzare la prossima volta delle vere primarie, aperte a tutti i magistrati e senza posti riservati a questo o quel gruppo.
Intendo, altresì, denunciare i difetti di un sistema stantio, vecchio, antistorico e dare voce ed opportunità ad un dissenso che sento ampio, seppur sotterraneo, da altri da tempo e con argomenti migliori dei miei rivelato.
Non discuto minimamente l'importanza ed il significato, anche attuale, delle diverse aree culturali (nei valori di una di esse - taluni dei quali, del resto, comuni ad altre - mi riconosco, come detto).
Spero, solo, di frenarne la deriva autoreferenziale ed autoritaria, da veicolo di idee a strumento di potere, affinché l'organo di governo autonomo possa essere una delle "case comuni" in cui tutti i magistrati, pur nella fisiologica e salutare contrapposizione di idealità, possano tornare con orgoglio a riconoscersi.
Se, dunque, l'associazione non è in grado di propugnare ed attuare la tanto sbandierata autoriforma, se le correnti non hanno alcun interesse a lasciare che siano i magistrati a scegliere il modello di autogoverno ed indi i candidati, allora è giunto il momento in cui ognuno di noi è tenuto a scegliere.
Scegliere, in definitiva, se perdere l'indipendenza anche interna che connota costituzionalmente il potere giudiziario o riprendere le fila del nostro destino.
Io credo che, sia le voci di critica al sistema attuale, che le candidature non sostenute dalle correnti - candidature che, in quanto conformi alle previsioni legislative, non potrebbero mai essere contrarie allo statuto di un gruppo, altrimenti dovrebbe ipotizzarsi che questo sia stato realizzato in difformità alla legge - rappresentano gli unici strumenti che ha la Magistratura per riappropriarsi dell'associazionismo e di un concreto effettivo autogoverno.
Ed è forse proprio l'urgenza di contribuire ad avviare un reale e concreto processo di autoriforma della Magistratura - che avverto forte dentro di me - che mi ha indotto a raccogliere le sottoscrizioni alla mia candidatura non solo nel distretto in cui presto servizio (quello di Firenze), ma anche in Campania, ed in particolare, simbolicamente, in quello di Salerno, dove la dolorosa vicenda rappresentata dagli sviluppi seguiti a quello che è ormai noto come lo "scontro tra Procure" ha generato in molti ed in me, tra questi, la consapevolezza che l'autogoverno stesse mutando e probabilmente la stessa indipendenza dei magistrati non fosse più garantita.

Milena Balsamo


1 commento:

  1. Ringrazio Milena per il suo impegno e la sua determinazione nel farsi promotrice di questo straordinario progetto di rinnovamento. La ringrazio, perchè è stata tra i pochissimi colleghi (potrei contarli su una mano) che ha avuto il coraggio di parlare della vicenda Salerno-Catanzaro per ciò che essa è davvero, una vicenda che considererò per sempre nella mia vita fonte di immenso dolore personale, ma, più di tutto, un'imperdonabile vergogna dei vertici della nostra magistratura, chiamati a gestire un potere ormai assoluto ed incontrollato. Dico a Milena, alla quale offro tutto il mio sostegno, che nonostante l'amarezza della vicenda di cui mi hanno reso "protagonista", in questi mesi non ho mai smesso, anche nei momenti più duri, di continuare a credere profondamente nella magistratura italiana e nelle persone davvero autentiche di cui essa si compone, il cui lavoro resta per me l'unica, profonda speranza di far conoscere la verità, le ragioni e le responsabilità di chi, attraverso ignobili armi politiche (le uniche praticabili), ha voluto la mia eliminazione.
    La mia forza resta sempre la stessa di sempre, che non potrà mai essermi tolta perchè è dentro di me: l'integrità e l'autentica indipendenza.
    Sulle candidature, in particolare, quelle dell'area di legittimità, non esprimo commenti, credo che parlino da sè del grado di ipocrisia cui è giunto oggi il correntismo giudiziario che condiziona ogni aspetto del nostro autogoverno. A te Milena un infinito grazie e... in bocca al lupo. Gabriella NUZZI.

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